Sofocle, Shakespeare, Moliere, Goethe, Pirandello, Beckett: vette del teatro di ogni tempo e paese, e altrettanti capisaldi dell'attività di Glauco Mauri e della sua Compagnia, nelle molte stagioni ormai trascorse a partire dall'anno 1981, quando Mauri decise di percorrere una strada propria e autonoma. Come attore e come regista era affermato e ricercato da ogni teatro; che cosa lo spinse ad intraprendere la strada rischiosa e scomoda della responsabilità economica e gestionale, in un tempo tanto difficile per la vita teatrale? La risposta si ricava dai risultati stessi di questa lunga esperienza: a sollecitare la passione teatrale di Mauri verso la nuova organizzazione della propria attività non fu altro che un'esausta ricerca della qualità poetica dello spettacolo, unita alla consapevolezza che soltanto la totale indipendenza delle strutture e delle scelte avrebbe potuto garantire la libertà degli intenti artistici. Mauri si avvia a raggiungere il traguardo dei due decenni di capocomico, al fianco di Roberto Sturno che lungo tutto questo periodo è stato il suo prezioso collaboratore sia sul palcoscenico sia negli ardui problemi dell'organizzazione; e la sua Compagnia ha definitivamente affermato una peculiare capacità di affrontare i testi sommi della storia del teatro con una propria sigla interpretativa. La scrupolosa competenza della fase propriamente drammaturgica, la raffinata elaborazione degli apparati scenici e visivi, l'intensità del segno registico dove si contemperano le esigenze dell'intelletto e dell'emozione, e soprattutto la creatività sempre nuova e ponderata della recitazione: a tutti questi valori si raccomanda il comune riconoscimento di una sostanziale eccellenza, che è il contrassegno d'onore della Compagnia e del suo artefice. Sono ormai alcune decine di titoli portati sulla scena, e qualche migliaio di recite - e quanti siano stati gli spettatori, è difficile calcolare. Ma il favore del pubblico ha un significato peculiare, che va ben oltre il dato puramente quantitativo. Nel problematico corso del teatro di oggi, logorato dall'invecchiamento del repertorio di media qualità e dalla povertà di nove proposte, l'attenzione di Mauri per i grandi gesti del passato classico e delle epoche più recenti indica una strada maestra per la vitalità del teatro, o per la sua stessa sopravvivenza. La lunga storia del teatro europeo, iniziata or sono due millenni e mezzo in Grecia, ha trovato un potente stimolo di continuità nel rapporto fra la tradizione e l'innovazione. Il testo si ricrea perennemente nel momento interpretativo; e quando la tensione verso la qualità dell'arte si accompagna a entrambe queste fasi e le fonde nell'esemplarità dell'evento scenico, il teatro trova in sè l'energia per superare la concorrenza di più labili forme di evasione. Nel gioco severo della scena, esso riafferma la propria insostituibile funzione di modello per comprendere l'umana esistenza, poich&grave il teatro, come ama affermare Glauco Mauri, non insegna, ma aiuta a vivere. Dario Del Corno
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